L’AUTORE

bill watterson

Intervista a Bill Watterson di John Campanelli
(traduzione di Alessandro Neri)
John Campanelli, reporter del The Plain Dealer, principale quotidiano di Cleveland, ha ottenuto un’intervista da Bill Watterson nel 2010. Vale la pena sottolineare l’eccezionalità di quell’incontro: erano ormai passati 20 anni dall’ultima sua intervista (fatta eccezione per le 15 domande dei lettori nel 2005).
(n.d.r. L’articolo è stato tradotto con il consenso dell’autore. Testo originale registrato sono © dei rispettivi autori e degli aventi diritto e vengono utilizzati su Glamazonia.it esclusivamente a scopi conoscitivi e divulgativi.)
Bill Watterson, creatore della celeberrima striscia Calvin and Hobbes guarda al passato senza rimpianti.
Sono passati 15 anni da quando Calvin e Hobbes hanno detto addio alle pagine dei fumetti. Il loro creatore Bill Watterson, che è cresciuto a Chagrin Falls e abita ancora vicino Cleveland, ha risposto via email a qualche domanda di John Campanelli, giornalista al The Plain Dealer. Dovrebbe essere la prima intervista di questo artista-eremita dal 1989.

JOHN CAMPANELLI: Dopo quasi 15 anni di separazione e riflessione, quale credi sia stato il fattore con cui Calvin e Hobbes catturarono non solo l’attenzione dei lettori, ma anche i loro cuori?
BILL WATTERSON: La sola cosa che capisco è ciò che ho messo nella creazione della striscia. Quel che i lettori ci vedono è anche una loro interpretazione. Una volta che la striscia è pubblicata i lettori portano la loro esperienza e l’opera prende vita autonomamente. Ognuno reagisce in modo differente alle varie parti.
Io ho solo provato a scrivere onestamente, e ho tentato di rendere questo piccolo mondo divertente da vedere, per invogliare la gente a trovare il tempo di leggerlo. Questa era tutta la mia preoccupazione. Mescoli una manciata di ingredienti e, una volta ogni tanto, avviene l’alchimia. Non posso spiegare perché la striscia prese così tanto, ma penso che non potrò mai rifare quel che ho fatto. Sono tante le cose che devono andare nel verso giusto tutte insieme.

JC: Quale eredità pensi che abbia lasciato la tua striscia?
BW: Beh, non è una cosa che mi tenga sveglio la notte. Saranno i lettori a decidere se l’opera è significativa e importante per loro. Io posso vivere lo stesso qualunque sia la loro opinione. Ti ripeto, il mio ruolo in tutto questo finiva praticamente quando si asciugava l’inchiostro.

JC: I lettori sentivano i tuoi personaggi come degli amici, quindi, comprensibilmente, furono tristi – e lo sono ancora – quando la strip arrivò alla fine. Cosa vorresti dire loro?
BW: Non è poi così difficile da capire come tutti credono. Semplicemente, dopo 10 anni, avevo ormai detto tutto quel che dovevo dire. È sempre meglio andarsene in anticipo da una festa. Se avessi continuato sfruttando la popolarità della striscia e mi fossi ripetuto per 5, 10 o 20 anni, la gente che adesso si “rattrista” per Calvin e Hobbes mi vorrebbe morto e maledirebbe i giornali per aver continuato a pubblicare le mie strisce “vecchie”, invece di comprare cose nuove e di talento. E sarei d’accordo con loro.
Credo che una delle ragioni per cui Calvin e Hobbes ha ancora un pubblico oggi è che ho scelto di metterci una fine. Non ho mai rimpianto il fatto di aver smesso.

JC: Siccome la tua opera ha toccato così tante persone, i fan sentono un’affinità con te, come se ti conoscessero. Vogliono di più del tuo lavoro, di più di Calvin, un’altra strip, qualsiasi cosa. Questa relazione è un po’ come quella rock star/fan. Vista la tua avversione a queste attenzioni, come affronti tutto questo oggi? E come ti senti sapendo che questo ti perseguiterà per tutta la vita?
BW: Ah, la vita del vignettista di un giornale – come posso dimenticare le groupies, la droga e le camere d’albergo devastate! Ma dal mio periodo “rock star”, l’attenzione del pubblico è diminuita parecchio. Nell’attuale era della pop culture, gli anni ’90 sono lontani secoli. Ci sono occasionali esplosioni di stranezza, ma in generale trascorro una vita tranquilla e faccio del mio meglio per ignorare il resto. Sono orgoglioso della strip, enormemente riconoscente per il suo successo, e davvero lusingato dal fatto che la gente lo legge ancora, ma ho scritto Calvin e Hobbes quando avevo una trentina d’anni e sono lontano ormai lontano mille miglia.
Un’opera d’arte può restare congelata nel tempo, ma io inciampo negli anni come chiunque. Penso che i fan più profondi lo capiscono e vogliono lasciarmi un po’ di spazio per continuare la mia vita.

JC: Quanto tempo dopo l’uscita del francobollo di Calvin da parte dell’U.S. Postal Service manderai una lettera affrancata con uno di questi francobolli?
BW: Subito. Prenderò il mio cavallo e il calesse e manderò per posta-lumaca un assegno per l’abbonamento al giornale.

JC: Come vuoi che la gente ricordi quel bambino di 6 anni e la sua tigre?
BW: Io voto per “Calvin e Hobbes, l’ottava meraviglia del mondo”.